Il tempo che precede il Natale è ricco di riferimenti ai tempi ultimi. Per preparasi all’inizio dell’incarnazione, la nascita di Gesù, occorre allenare lo sguardo a guardare lontano. Solo una vista affinata può riconoscere in un bambino deposto in una mangiatoia il Figlio di Dio fatto uomo. Ci sono però degli impedimenti che bloccano la vista e non permettono di scorgere il mistero nascosto nel quotidiano: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze, e affanni della vita” (Lc 22,34). Le dissipazioni e le ubriachezze sono le tante forme di stordimento che più o meno consapevolmente cerchiamo per ‘divertirci’. Non c’è nulla di male nel divertimento, è che spesso ciò che viene chiamato con questo nome non lo è. Anziché divertirsi ci si intristisce, anziché ampliare le relazioni ci si ritrova soli, anziché pieni vuoti… Ma il nemico più pericoloso è l’ansia per la vita (in greco merimna).
Questa sensazione sgradevole, che ci prende lo stomaco e talvolta non ci fa dormire bene di notte e ci tiene in costante tensione di giorno, si fonda su una menzogna, su un fatto non vero. L’ansia per la vita ci soffia in un orecchio lo stesso ritornello: “non ce n’è abbastanza… non ce n’è per tutti… quindi datti da fare, ogni lasciata è persa… fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”. È la persuasione di essere radicalmente soli nella battaglia della vita e quindi del dover mettere in campo, spesso controvoglia, tutti i mezzi che ci sono a disposizione, per non rimanere a secco, per non rimanere indietro, nella lotta per la felicità. È l’ansia che ci spinge a circondarci di oggetti per riempire i vuoti, a mangiare e bere oltre misura per non pensare, a lavorare sempre e comunque.
Cosa ci dice di fare Gesù?
“ Vegliate in ogni momento pregando” (Lc 21,36) Cosa vuol dire? Smettere di dormire? Girare sempre con il rosario in mano?
Piuttosto ‘aprire gli occhi’ non lasciarsi fregare, come il contadino che veglia sul proprio pollaio perché le volpi non vengano a mangiargli le galline. Pregare vuol dire spezzare la logica della solitudine e interpellare un Altro, se necessario gridando; significa dare fiducia alla Parola che ha detto “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” perché tu sai di che cosa abbiamo bisogno e non lasci che siamo tentati oltre le nostre forze. Allora le nebbie, si diradano la pace scende nel cuore e la vista torna a focalizzarsi.