Tutti siamo interessati a conoscere il nostro futuro, o meglio il nostro destino. Non a caso oroscopi, maghi, guru di varie ispirazioni proliferano. Spesso anche noi , sopratutto davanti a eventi dolorosi, diciamo “era destino” “ doveva andare così e non altrimenti”. Dietro a queste affermazioni c’è l’idea più o meno riflessa che il nostro futuro, la nostra storia siano già predeterminate, dall’universo da Dio o comunque da entità superiori. A noi spetta solo il compito di eseguire la nostra parte possibilmente conoscendola prima nei suoi dettagli.
La seconda lettura di questa domenica ci dice come la vede il Dio di San Paolo (Ef 1,3-14). Dio non tiene per sé i suoi segreti ma ci ha fatto conoscere «il mistero della sua volontà», riportare tutto (ricapitolare) a Cristo. E subito dopo parla proprio della nostra predestinazione: «In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria». Cosa vuol dire essere predestinati ad essere lode della sua gloria? Innanzitutto che Dio non ha già scritto la nostra storia, se questo vuol dire annullare la nostra libertà la nostra ricerca e le nostre scelte. Ha indicato la meta che ci prospetta: essere lode. Quand’è che uno loda? Quando è contento, soddisfatto, perché gli sta accadendo qualcosa di bello, di unico e di speciale. E questo accade quando si incontra la sua Gloria, termine che indica la sua presenza costante nei tanti fatti della vita, quello che sant’Ignazio riassumeva nel motto «trovare Dio in tutte le cose». È questo il nostro “destino”. Un esempio di questo lo si vede nel vangelo in cui Gesù manda i discepoli a fare ciò che lui stesso ha fatto per loro: annunciare la Parola che è una buona e bella notizia che libera i cuori dalla schiavitù della paure, guarisce in profondità le ferite e invita a mettersi in cammino, come Mosè armato solo del proprio bastone, per raggiungere quella terra promessa che attende ciascuno di noi.


