Il nostro futuro è in mano agli algoritmi?

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Il Novecento ci ha mostrato, spesso in modo tragico, che le innovazioni scientifiche o tecnologiche non sono mai neutre. Dalla scoperta della dinamite all’energia atomica è un’illusione ritenere che le nuove scoperte si autoregolino nel loro utilizzo. La riflessione etica è ineludibile per valutare l’impatto che le nuove tecnologie hanno sulla vita sociale. Questo è particolarmente vero per tutto ciò che riguarda le acquisizioni del mondo digitale con il tema dell’intelligenza artificiale in testa. In questo settore l’illusione che le cose si possano sistemare da sole è ancora più forte che per altre tecnologie. Ciò è dovuto in parte agli innumerevoli benefici che le tecnologie digitali hanno portato ad un numero illimitato di persone – chi ormai non possiede almeno un telefonino? – e sia alla velocità ed efficacia con cui tali tecnologie si diffondono. Eppure non bisogna cadere nel tranello. Di questo di occupa l’ultimo ottimo e documentato testo di Luciano Floridi, professore ordinario di Filosofia ed Etica dell’informazione all’università di Oxford e di Sociologia della cultura e della comunicazione nell’università di Bologna, Etica dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide, Raffaello Cortina Editore, Milano 2022, pp. 384 € 26.

La pervasività delle nuove tecnologie è particolarmente evidente poiché: «Istruzione, affari e industria, viaggi e logistica, banche, vendita al dettaglio e shopping, intrattenimento, welfare e sanità, politica e relazioni sociali, in breve la vita stessa per come la conosciamo oggi è diventata inconcepibile senza la presenza di pratiche, prodotti, servizi e tecnologie digitali. Chiunque non sia stupito di fronte a tale rivoluzione digitale non ne ha afferrato la portata». Per comprendere tutto questo, occorre conoscere come funziona questo mondo, che sta sempre più modellando le nostre esistenze private e pubbliche. Il testo di Floridi si configura come un manuale completo di tutte le questioni etiche che sono coinvolte nello sviluppo delle nuove innovazioni tecnologiche.
La prima cosa da capire è che il digitale sta operando una trasformazione radicale del nostro modo di concepire la realtà, al punto che Floridi parla di «re-ontologizzazione», perché realtà come «le nanotecnologie e le biotecnologie stanno non semplicemente re-ingegnerizzando il mondo ma lo stanno ridefinendo», modificando profondamente visioni e modelli che hanno tenuto banco per secoli.
Il digitale poi offre inedite possibilità di reinvenzione della realtà, per cui l’attività innovativa che definisce la nostra epoca è il design, anche se, ricorda Floridi, «naturalmente ogni design richiede un progetto. E, nel nostro caso, si tratta di un progetto umano per la nostra epoca che ancora ci manca». Per mettersi su questa strada, occorre capire che l’intelligenza artificiale, che è il cuore delle innovazioni di cui stiamo parlando, si fonda su un «divorzio» ben riuscito tra «l’agire e l’ intelligenza», perché l’ IA è la «capacità di agire interattiva, autonoma e spesso autoapprendente che può affrontare un numero sempre più elevato di problemi e attività che richiederebbero altrimenti l’intelligenza e l’intervento umani». Questa definizione chiarisce un equivoco diffuso a livello popolare da tanta letteratura e cinematografia, che l’IA sia una vera intelligenza umana. Ciò però non vuol dire che le possibilità che offre non debbano essere vagliate eticamente dalla coscienza. Su questo aspetto, Floridi mette in guardia dalla confusione che si è venuta a creare a causa della proliferazione dei criteri etici, spesso moltiplicati ad arte per lasciare, al modo del Gattopardo, che tutto cambi perché nulla cambi di fatto, o perché ciascuno si scelga a piacimento i principi che più gli fanno comodo. In questa linea, troviamo anche i rischi, denunciati da Floridi, del Bluewashing etico, che consiste nel mostrarsi più etici dal punto di vista digitale di quanto non lo si è effettivamente. Lo stesso effetto distorcente, avviene per il Lobbismo etico, che consiste nell’ostacolare l’introduzione di norme etiche specifiche per il digitale o il Dumping etico che consiste nell’esportare in altri contesti o paesi procedure digitali considerate inaccettabili, ad esempio all’interno della UE, per finire con l’elusione etica che consiste nello scarso impegno nell’affrontare le questioni etiche, visto il basso ritorno che possono offrire.
In positivo, si tratta di mappare e orientare eticamente il variegato mondo degli algoritmi, ovvero quei costrutti matematici che presiedono al funzionamento dei dispositivi digitali. Si è già messo in luce che molti di questi agiscono in modo da far aumentare i pregiudizi o le discriminazioni sessuali o sociali. Per contro se bene orientati, essi possono essere un fattore di promozione civile e progresso, ad esempio nel livellare le disuguaglianze culturali o per implementare la transazione ecologica.

Se l’algoritmo è ben orientato – L’Osservatore Romano del 18 08 2022