La lingua che utilizza lo Spirito per parlarci è fatta di consolazioni e desolazioni, che costituiscono il primo e fondamentale passo per cominciare a discernere come Dio o il nemico intervengono concretamente nella vita. Ascoltiamo come intende questi due termini Papa Francesco:
«La gioia, segno della presenza di Cristo, rappresenta la condizione abituale dell’uomo e della donna di fede. Da qui nasce l’esigenza di trovare consolazione non tanto fine a se stessa, ma come indice della presenza del Signore. E citando le parole di Sant’Ignazio: “si intende per consolazione quando si produce uno stimolo interiore, per cui l’anima si infiamma di amore per il suo creatore e Signore, e quindi non può amare nessuna delle realtà di questo mondo per se stessa, ma solo per il Creatore di tutte; così pure quando uno versa lacrime che lo portano all’amore del Signore, sia per il dolore dei propri peccati sia per la passione di Cristo nostro Signore sia per altri motivi direttamente ordinati al suo servizio e alla sua lode. Infine si intende per consolazione ogni aumento di speranza , fede e carità e ogni gioia interiore che stimola e attrae alle realtà celesti e alla salvezza dell’anima, dandole tranquillità e pace nel suo Creatore e Signore” ES 316)» (Aprite la mente al vostro cuore, Rizzoli, Milano 2013, p. 22). Per questo, poco dopo precisa che «siamo tutti invitati a chiedere allo Spirito Santo il dono della felicità e della gioia perché, come dice Paolo VI, “il freddo e le tenebre sono anzitutto nel cuore dell’uomo che conosce la tristezza (Gaudete in domino, I)”. La tristezza è infatti la magia di Satana, che indurisce il nostro cuore e ci fa soffrire».
Nella stessa linea, il gesuita Silvano Fausti ricorda che Dio parla attraverso la consolazione poiché «la sua parola è azione, e la sua azione è con-solare, stare-con-chi-è solo, procurando quei sentimenti che prova chi è in una compagnia desiderata» (S. Fausti, Occasione o tentazione? Arte di discernere e decidere, Ancora , Milano 1997, p.72).
La consolazione ha poi almeno due tonalità di base: l’una più sensibile e l’altra più interiore e profonda. La prima è come la «pioggia su un giardino in arsura» dice Fausti, ma è anche la più pericolosa poiché «può essere prodotta anche da sé o dal nemico» (Ibid., 73). Invece le consolazioni più «profonde e sostanziali, che consistono in una crescita della forza dello spirito, che ti fa andare avanti nella libertà di amare e servire Dio e il prossimo… sono il frutto infallibile promesso a chiunque prega con cuore sincero e fiducioso… sono cibo dei forti, spesso accompagnato da aridità nella preghiera e da forte lotta contro moti contrari»(Ibid 75). Un esempio efficace di quanto stiamo dicendo si può vedere nell’esperienza dei due di Emmaus ai quali ardeva il cuore mentre ascoltavano Gesù che spiegava loro le scritture (Lc 24, 32).
All’opposto della consolazione troviamo la desolazione, il linguaggio del nemico: «Il suo nome è diavolo, che significa “divisore”. La sua azione, contraria a quella dell’Emmanuele, ti divide dalla sua “compagnia”, ti lascia de-solato, abbandonato, con quei sentimenti di tristezza che ne conseguono. Prima ti divide da Dio e dalla sua parola, quindi da te stesso (“sono nudo”, rispose Adamo), poi dagli altri, e infine dalla natura (Gn 3, 10-24)» (Ibid. 77). Sono questi i sentimenti con cui l’uomo ricco si allontana da Gesù (Mc 10,22).


