Il tema del vangelo di questa domenica è la fede che guarisce. Due persone, un capo della sinagoga a cui muore la figlia dodicenne, e una donna ‘impura’, affetta da un’emorragia cronica, affidano a Gesù la loro situazione e vengono salvate. La buona notizia di questa pagina evangelica è che la fede è il principale antidoto al nostro vero nemico: la paura. Per vincere questa battaglia occorre superare alcune difficoltà: quali sono?
La prima è la paura di disturbare Gesù: “stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: ‘Tua figlia è morta’. Perchè disturbi ancora il Maestro?”(Mc 5,35). Dietro a questa affermazione ci sono due persuasioni: Gesù ha cose più importanti che occuparsi dei miei problemi e, sopratutto, davanti a certe situazioni neanche Gesù può fare qualcosa. Gesù invece è molto sicuro e invita Giairo, il padre della bambina, ad avere il suo stesso atteggiamento: “Non temere, soltanto abbi fede!” (Mc 5,36).
Cosa vuol dire qui aver fede?
Molti pensano che la fede sia un puro atto della volontà che ci porta a ritenere per vere cose di per sé assurde e indimostrabili. Per Gesù, invece la fede è prima di tutto una relazione, che nasce dall’ascolto. É stato così per la donna emorroissa la quale “udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello” (Mc 5,27). Prima ha ascoltato, come Pietro che sulla Parola di Gesù ha gettato le sue reti.
Cosa dice Gesù, tanto da suscitare fiducia in lui?
Gesù annuncia la buona notizia, ovvero che c’è un alternativa alla rassegnazione, che il male non ha l’ultima parola, che la vita è più forte della morte, che non c’è nessuna situazione irrimediabile, ma che sempre si può essere salvati.
Queste affermazioni parlano alla radice del nostro io, ma stanano anche le nostre resistenze. La prima di esse è l’incredulità che si manifesta nel prenderlo in giro, come fanno i parenti di Giairo quando Gesù entra nella sua casa: “Entrato disse loro: ‘perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme’. E lo deridevano” (Mc 5,39-40). Così come lo derideranno quando vedranno il salvatore inchiodato ad una croce.
Gesù non si lascia intimorire da queste reazioni, riaccende il desiderio di vita e invita a passare dal sogno alla realtà. Le sue parole sono talmente belle ed energiche che diventano per l’emorroissa una certezza: “Diceva infatti: ‘se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti sarò salvata” (Mc 5,28).
Gesù non è un guaritore che dispensa qua e là le sue pozioni magiche. Ciò che salva è la relazione con lui e una relazione si costruisce in due. Per Gesù è fondamentale, ci tiene a precisarlo, per questo cerca spasmodicamente di sapere chi è che lo ha toccato e non si dà pace finché non l’ha trovata, vincendo la paura del giudizio e dei sorrisini dei suoi discepoli che, con un certo disappunto gli dicono: “Tu vedi la folla che si stringe attorno a te e dici ‘Chi mi ha toccato?’” (Mc 5,31).
Gesù non si ferma e la ricerca dà i suoi frutti: “E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità” (Mc 5,33).
Solo allora Gesù può rivelare il grande segreto della guarigione, il vero farmaco dell’immortalità: “Figlia la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male” (Mc 5,34). Solo ora la donna può essere guarita, come noi, dal suo vero male: la paura di essere lasciati soli, di essere abbandonati.