In questa domenica si celebra l’eucaristia, “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (Lumen gentium 11). Se è così come mai tanti che pure si definiscono cristiani, (più dell’80 % degli italiani), non vanno più a messa alla domenica (i cosiddetti “praticanti” sono meno del 30%)?
Molti sono allergici al ‘precetto’ e in una società permissiva come la nostra hanno trovato una sponda e un incentivo al bricolage: prendo della religione quello che mi interessa e mi costruisco un mio percorso, un po’ come dice Jovannotti in Penso positivo: “Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa che parte da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa passando da Malcom X attraverso Gandhi e San Patrignano arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano.”
Altri, particolarmente i giovani, affermano che a messa “si annoiano”, “non capiscono cosa viene detto” e sopratutto non vedono cosa tutto questo “c’entri con la mia vita”. Hanno torto? O forse non ci provocano a noi, ai praticanti, ad una seria riflessione su cosa noi ne abbiamo compreso e cosa noi ne riusciamo a trasmettere agli altri?
Da un lato la faccenda è molto semplice: è come dover motivare il fatto che si mangia tre volte al giorno. Non è un precetto è una necessità. “Senza la domenica non possiamo vivere” dicevano i nostri padri nella fede che per difenderla, spesso, hanno accettato anche di morire.
E allora che dire?
La preghiera che chiude la prima parte della celebrazione dice, rivolgendosi a Gesù: “fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione”. Si tratta quindi di “sentire”, non di capire, di un “gustare” non di “studiare” i benefici… una realtà tangibile, riconoscibile, materiale.
“ In verità in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita” (Gv 6,53). Non si tratta quindi di assolvere un precetto ma di vivere o morire. Come fare a capirlo? Tramite il racconto che ci offrono i vangeli a partire da “ nella notte in cui fu tradito Gesù prese il pane…” Senza il racconto non possiamo capire e gustare il senso delle parole di Gesù, mentre, al contrario, “chi mangia questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,58)