Uno degli sport preferiti dall’uomo è quello di voler prevedere cosa avverrà nel futuro, proprio e altrui, vedi il successo che hanno le previsioni del tempo e i maghi e le fattucchiere che presumono di rivelare il futuro altrui. Ancor più gli uomini amano fare le cassandre, ovvero mettere in guardia dal peggio che starebbe sempre per arrivare, con il gusto particolare di prevedere sfortune anche quando questo riguarda tutti, noi compresi. Dietro a questi atteggiamenti c’è la paura dell’incognita, del non sapere cosa ci accadrà, dell’essere soli, dell’essere in balia del fato.
Non così fa Gesù con quelli che gli chiedono di saper riconoscere gli ultimi tempi. Lui parla di ciò che verrà distrutto e ciò che invece rimarrà vivo. Gesù ci ricorda che “le sue parole non passeranno” (Mt 24,35), ci saranno perciò distruzioni, cataclismi, lotte fratricide tra gli uomini come da che mondo è mondo è sempre avvenuto, verranno queste cose e scompariranno, ciò che invece resterà è la vita che c’è dentro alle sue Parole.
Scompariranno anche le grandi opere dell’uomo, quelle in cui ieri e oggi ha riconosciuto la propria grandezza, come indice della corruttibilità delle cose presenti, anche quando sono le orgogliose opere delle più potenti nazioni del mondo. Quello che resterà infatti non sono le pietre morte ma le “pietre vive”, le testimonianze viventi delle persone che, con la loro vita, come gli apostoli, hanno reso gloria a Dio. Anche noi come gli apostoli siamo chiamati ad essere pietre vive, cioè a dare testimonianza con la nostra vita dell’amore di Dio, e in questo potremo essere sicuri di trovare la salvezza. Nel farlo scopriremo non di essere degli eroi, ma che Lui non ci lascia soli anche nel momento in cui tutto sembra crollare, perché Lui ha già vinto il mondo.