Chi l’ha visto?

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“Non vedo nessun Dio quassù” quando Jurij Gagarin, da buon sovietico pronunciava questa frase nel 1961, durante il viaggio che inaugurava la stagione della conquista dello spazio, non immaginava di star dando un prezioso contributo teologico alla comprensione del dogma dell’ascensione e intronizzazione alla destra del Padre di Gesù, di cui parla il vangelo di questa domenica.

Quale?

L’ astronauta indirettamente ci ha aiutato a capire una verità antica quanto dimenticata: l’ascensione al cielo di Gesù non indica la sua fuga in un qualche pianeta lontano, da cui poter osservare, finalmente con olimpico distacco, le vicende del mondo. La risurrezione di Gesù ha, al contrario, inaugurato il suo modo definitivo di essere presente in mezzo a noi. Sempre vicino, ma non in modo invasivo, perché la sua ascensione segna, per così dire, la sua uscita di scena per consentire la nostra entrata. Sta per aprirsi per noi il tempo in cui sempre più siamo chiamati ad essere protagonisti della missione che lui ci ha affidato: portare a tutti il lieto messaggio del regno, della paternità di Dio, della sua vicinanza in ogni circostanza, inclusa la morte.

Come un saggio genitore sa che per crescere, il figlio ha bisogno di sperimentare anche la sua autonomia, così Gesù non vuol rimanere per essere colui che occupa tutta la scena del mondo: deve e vuole ritrarsi per far giocare anche noi, anzi per far giocare soprattutto noi, lui che non ha avuto paura di dire: “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste perchè io vado al Padre” (Gv 14,12)

Quali sono queste opere?

È il vangelo di oggi ad indicarcele: “Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc 16,17)

Tra i vari segni, quello che oggi sembra essere il più urgente è il “parlare lingue nuove”, che non indica tanto l’accedere a codici misteriosi quanto il saper far brillare, nelle categorie dei nostri contemporanei, la bellezza unica del vangelo. Si tratta di togliere, per quello che sta in noi, quella patina di polvere, quel sapore di ‘antico’ e di stantìo che lo allontana dal cuore di molti, che pure ne avrebbero tanto bisogno.

Si tratta di rigustare la buona notizia, per poterla far trasparire in modo avvincente anche per il disincatato abitatore dei tempi postmoderni.

Solo se l’altro, ascoltando capisce e capendo sceglie di appartenere, potrà poi essere liberato dai demoni che lo tormentano, oggi, in primis, da quello della tristezza e della sfiducia nel futuro. Allora, anche se berrà qualche veleno – non ne mancano di certo!- non si spaventerà, ne uscirà fortificato e sarà occasione di benedizione e guarigione per tutti i suoi amici.